mercoledì 25 maggio 2011

Esposimetro ed Estinzione


Come abbiamo accennato nell'articolo precedente, il fotografo, anche molto prima delle celle al selenio, ha sempre cercato di rendersi la vita più facile e sprecare meno pellicola possibile, oltre alla Sunny 16 però vennero inventati molti altri metodi, volendo anche più precisi, per calcolare la giusta quantità di luce da far ingoiare alla macchina per avere delle belle foto, tra questi c'era l'esposimetro a estinzione di luce.

Gli esposimetri ad estinzione nacquero circa all'inizio del secolo scorso, prima di allora gli esposimetri commercializzati erano cari ma soprattutto one-shot, si basavano sull'uso di piccoli foglietti bagnati in liquido fotosensibile, con la seccatura(ed il costo) di dover cambiare foglietto ad ogni lettura. Il funzionamento di quelli ad estinzione invece era quanto di più semplice ed ingegnoso ci si potesse aspettare: non necessitavano di alcuna ricarica o pila(cosa che nel 1920 ne motivò un prezzo di vendita di 11 Dollari!), si basavano solo sulla tecnologia dell'occhio umano.

L'idea era che l'occhio fosse(come è del resto) una tra le migliori macchine esistenti per capacità di confronto e, di conseguenza, per capacità di misura: di pratica questo esposimetro non era altro che un piccolo cilindro sul cui fondo veniva applicata una lente gradualmente brunita con riportati dei tempi di esposizione, il fotografo od il cineasta non doveva fare altro che guardare al suo interno e leggere l'ultima cifra leggibile, presa questa bastava accoppiarla(come nel caso del Practos Adapto, di cui sono un felice possessore) con il numero ASA o DIN della pellicola e leggere sul dorso il numero di diaframma utile alla situazione.

Questi bellissimi oggetti spopolarono tra i professionisti dell'immagine ed in un lampo anche le major dell’epoca produssero dei veri e propri gioielli come lo stupendo ciondolo Diaphot prodotto dalla Zeiss Ikon tra il 1921 ed il 1934.

Purtroppo, per quanto belli, alla fine degli anni trenta l'avvento tecnologico delle prime celle al selenio e la naturale capacità dell'occhio umano di compensare(primo punto a sfavore di questi esposimetri), spinsero il mondo della fotografia ad abbandonare questi gioielli di misurazione per tecnologie dette maggiormente sicure.

Molti di questi esposimetri erano fatti di carta, o con vetri soffiati molto sottili, o con latte talmente leggere da piegarsi al guardarle... ...ad oggi per questi motivi sono abbastanza rari quindi, se ne trovate uno su di una bancarella ed avete idea che il venditore non sappia di cosa parla, prendetelo senza porvi domande!

Buona luce a tutti!

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